International gastronomic center 2013

Partecipazione al concorso di idee per l’International gastronomic center – Bruxelles. Concorso indetto da Arquideas

Il tema del concorso ci ha spinti a riflettere sul mondo della gastronomia e, in particolare, sull’ ”esperienza del mangiare”: si comincia dal MENU’, dove il nome del piatto evoca in noi un’idea di ciò che mangeremo, poi si passa alla VISTA della pietanza, portata dal cameriere, che stimola a pensare agli ingredienti che la costituiscono, per poi giungere al momento dell’ASSAGGIO, in cui scopriamo se la mente e la vista hanno ingannato il palato. La cucina è arte come lo sono la musica e l’architettura. E’ l’unione di elementi crudi che diventano esperienza.

Nel nostro progetto l’”esperienza del mangiare” si sposa con la denuncia della crisi di valori che pervade la nostra epoca e si traduce in una sequenza di spazi, segnati anche dall’uso di materiali diversi, che, partendo dallo SPECCHIO DELLE IPOCRISIE( rappresentato dalla facciata esterna vetrata, costituita da pannelli a specchio), attraverso il SOSTEGNO DELL’INNOCENZA (rappresentato dalla struttura a travi reticolari e cemento armato), conduce all’ELEGANZA DEL BANCHETTO (rappresentata dalla facciata in mattoni a faccia vista, che dà sul cortile interno).

L’area in cui si colloca il nostro progetto è caratterizzata da una doppia anima: quella degli edifici di recente costruzione che delimitano il lotto in questione, e quella della piazza antistante, definita da architetture istituzionali novecentesche.

Il nostro edificio si pone a diretto contatto con le architetture contemporanee presenti sul perimetro del lotto, ricostituendone il fronte mancante, e si relaziona al contempo con la piazza novecentesca, riflettendo gli edifici che vi si affacciano, attraverso vetrate a specchio, frammentate e disgregate come il tessuto sociale che vogliamo contestare. La facciata decostruttivista del nostro edificio riflette l’ipocrisia istituzionale imperante,deformando volutamente il Neoclassicismo, il Razionalismo, ma anche il folcloristico linguaggio autoctono e l’Eclettismo delle altre facciate del quartiere.

Essa ha una duplice funzione: la prima è quella di creare un’illusione ottica, una distorsione della realtà istituzionale degli edifici che si affacciano sulla piazza, e l’altra, pratica, di aprire varchi, mediante lo scollamento della facciata, che contribuisce a destare l’attenzione e la curiosità dell’ipotetico fruitore, e con i coni ottici che, facendogli intravedere l’interno, lo inducono ad entrare.

Man mano che ci si addentra verso l’interno, ci si libera dagli elementi spuri. Si passa, infatti, ad una zona definita dall’elemento strutturale, a cui tutto si appende. La struttura a telaio, semplice e lineare, non viene nascosta da un apparato formale che ha poco a che vedere con essa, ma anzi viene resa manifesta, in tutta la sua chiarezza funzionale. L’intransigente necessità di recuperare valori veri e reali,ci porta ad optare per un monumentalismo aureo nel nucleo più interno dell’edificio, che, pertanto, costituisce il punto di arrivo di questo percorso spirituale-catartico e, quindi, il cuore del centro gastronomico: una sorta di Olimpo della Gastronomia. Parafrasando Louis Kahn, noi non progettiamo un centro gastronomico, ma Il CENTRO GASTRONOMICO.

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